numero otto – novembre 2025
È innegabile: il Medioevo ha un potere fortissimo sul nostro immaginario. C’è qualcosa in quell’epoca storica dalla durata straordinaria – oltre mille anni, tra la caduta dell’Impero romano d’Occidente nel 476 e l’approdo di Colombo in America nel 1492 – che suggestiona la nostra fantasia, spingendola ad affacciarsi sull’ignoto. Sono i miti e le avventure cavalleresche, le fiabe e le leggende, l’eroismo luminoso ma anche il male più oscuro. Questa dimensione in bilico tra ricostruzione storica ed evocazione fantastica sembra oggi la fonte ideale per sceneggiatori di serie tv, ma in realtà è il risultato di un’evoluzione culturale e del gusto avviata già a fine Settecento come reazione alla razionalità illuministica, e poi sviluppatasi nell’Ottocento, in piena età romantica.
“Non è esagerato sostenere che i Romantici si riconobbero negli uomini del Medioevo: se adottarono questa età fu perché essa era stata come sognavano la loro” scrive Marcel Brion nel suo libro Pittura romantica. Ed è così che, nel comporre il suo Lohengrin, il romantico per eccellenza, Richard Wagner, si calò nel Decimo secolo ad Anversa, al confine dell’Impero Germanico, tra castelli che possiamo immaginare come quello di Neuschwanstein e un Duomo che somiglierà necessariamente alla cattedrale di Strasburgo, visitata sia da Wagner sia dal suo futuro suocero Franz Liszt, che ne riecheggiò in una cantata il caratteristico scampanio. Entrambi diedero il loro contributo a un processo di fascinazione complessiva che portò alla rivalutazione del gotico, presto asceso a vero e proprio brand nazionale.
Così nell’Ottocento è nato quel Medioevo che sentiamo come nostro e che permea la nostra fantasia, avendo prodotto un suo linguaggio, fatto di simboli riconoscibili e fortemente evocativi, la cui genesi è stata ricostruita in molti titoli e, dettagliatamente, da Renato Bordone nel suo libro Lo specchio di Shalott. L’invenzione del Medioevo nella cultura dell’Ottocento. Bordone ci ricorda come “di quel tempo favoloso non si coglie quasi mai un’immagine diretta, derivata dalle fonti coeve, ma sempre e soltanto il riflesso di quello specchio deformante che fu la fantasia ottocentesca”. Anche noi, dunque, abbiamo voluto capire perché ancora oggi l’età di mezzo sia una fonte di creatività e di invenzione davvero inesauribile.
Paolo Cairoli
Direttore di Calibano
Calibano – L’opera e il mondo è la rivista del Teatro dell’Opera di Roma. Nata come spazio di approfondimento e di dibattito intorno a temi di attualità sollevati a partire dagli spettacoli in cartellone e realizzata in collaborazione con la casa editrice effequ, il progetto editoriale prevede, tre volte l’anno, la pubblicazione e la diffusione nelle librerie italiane di un volume monografico dedicato a un titolo d’opera e a un tema ad esso collegato, attraverso la commissione di saggi, racconti e recensioni di firme autorevoli. In questo ottavo numero, la rivista riflette sul Medioevo come costruzione culturale a partire da Lohengrin di Wagner.
Potete acquistare “Calibano” sul sito di effequ a questo link, in libreria e presso lo shop del Teatro dell’Opera di Roma.
Le illustrazioni interne di questo numero e la copertina sono di Iride Scent.
IN QUESTO NUMERO
Elisabetta Fava / Il medioevo ritrovato
Giuliano Milani / Come contendersi il passato
Vanessa Roghi / Ombre e luce
Eloisa Morra e Francesca Scotti / Tutti i nostri mostri
Federico Canaccini / Lunghi evi dell’odio
Sergio Pace / C’è più gusto a costruire castelli in aria
Valentina Pigmei / Medioevo permanente
Renato Bordone / Il castello oltre l’oceano
SPECIALI
[OPERA IN PAGINE] Christian Raimo / L’invenzione di San Francesco
[UN RACCONTO #1] Carola Susani / Il giorno in cui cadde la torre
[UNA TESTIMONIANZA #1] Marta Zura-Puntaroni / Entrate e dite Amici
[UN RACCONTO #2] Tommaso Pincio / Attacchi di vita
[UNA TESTIMONIANZA #2] Francesco Filidei / Perché si canta?













