Politica, riletture e riappropriazioni dell’età di mezzo
di Giuliano Milani
Il seguente saggio è pubblicato integralmente da Calibano #8 – lohengrin / l’invenzione del medioevo
Non sono tempi facili per il Medioevo, che la politica attuale tende a politicizzare sempre di più. In Francia da tempo impazza il Puy du Fou, un parco dei divertimenti spettacolare finanziato da Pierre-Edouard Stérin, ricco imprenditore al centro di un’inchiesta per finanziamenti illeciti all’estrema destra, in cui un Medioevo bianco e cristiano è presentato come la parte nobile della storia nazionale. Recentemente, come provocazione, uno studioso ha proposto di creare un parco storico di sinistra e riequilibrare il dibattito. Negli Stati Uniti la polemica risale a qualche anno fa, quando, durante la prima presidenza Trump, ci si accorse che i suprematisti bianchi usavano sistematicamente simboli tratti dal repertorio medievale: vichingo, crociato, templare. Non che si trattasse di una novità: già i nazisti vedevano il terzo Reich in continuità con il Sacro Romano Impero e, ancora prima, i patrioti dell’Ottocento avevano cercato proprio nel millennio medievale le origini dei popoli che il loro nazionalismo esaltava. Negli ultimi anni, tuttavia, è avvenuto qualcosa di nuovo: dall’interno della comunità degli storici medievisti, sulla scorta di decenni di riflessività critica, qualcuno, soprattutto negli Stati Uniti – dove tra l’altro i dipartimenti di Storia medievale sono tra quelli in cui si osserva una scarsa presenza di afrodiscendenti e altre minoranze –, si è chiesto se nel periodo che studiava ci fosse qualcosa di intrinsecamente orientato a destra. Le risposte sono state varie: in molti hanno proposto un Medioevo alternativo, mettendo l’accento sul fatto che questo periodo non è riducibile a uno stereotipo, che i popoli ‘barbarici’ letti come origini delle nazioni erano in realtà intrinsecamente plurali, che spesso differenti culture e religioni riuscivano a convivere pacificamente e che – soprattutto – il concetto di razza biologica non era ancora apparso.
È tuttavia difficile negare che il successo popolare e diffuso del Medioevo, quel gusto che va al di là della cerchia degli specialisti, e cerca nel Medioevo immagini e ispirazioni, quel fenomeno, che viene chiamato ‘medievalismo’ e che oggi è diventato a sua volta un oggetto di studio praticato dagli storici, abbia una genealogia che affonda nel periodo della Restaurazione e una origine controrivoluzionaria. Anche nelle sue versioni più vicine al socialismo, come quelle legate ai movimenti utopisti di fine Ottocento, spesso il medievalismo ha cercato di affermare uno spirito in opposizione alla modernità, per esempio attraverso il recupero dell’artigianato contro l’industria.
Altra questione, che invece riguarda soprattutto gli specialisti, è quella dell’eurocentrismo. Il Medioevo è un concetto nato per descrivere il periodo che va dalla fine alla rinascita della classicità, e che ancora oggi indica i dieci secoli che separano la fine dell’Impero romano d’Occidente dalla fine di quello d’Oriente. Un concetto così intrinsecamente legato all’esperienza dell’Impero romano non può che essere applicato all’area dell’Europa e del Mediterraneo, ed è difficilmente esportabile
in altre realtà. Anche per questo, negli ultimi decenni, mentre andavano perdendo terreno alcune ‘grandi narrazioni’ – il marxismo, che legge il Medioevo come una fase economica distinta, o il repubblicanesimo, che vede nelle città medievali le origini della democrazia liberale – e si cercava di sviluppare una Storia globale, volta a investigare le connessioni su scala planetaria, i posti di insegnanti e ricercatori di Storia medievale occidentale si sono ridotti un po’ dappertutto.
A ben vedere, tuttavia, proprio nel rilievo di queste specificità si cela forse una possibilità per osservare quest’epoca con occhi nuovi, un modo per sottrarre il Medioevo tanto all’appropriazione dell’estrema destra quanto alla critica al suo etnocentrismo. L’Occidente medievale è un terreno di studio interessante perché una volta finito il sistema politico economico e sociale fondato sulle strutture imperiali romane se ne dovettero inventare altri, del tutto diversi, a differenza di quanto avveniva a Bisanzio o nel mondo arabo-musulmano, dove grandi sistemi politici basati su una lingua, una moneta e un esercito comune andavano prosperando, in Europa i poteri rimasero a lungo frammentati: locali, più piccoli e deboli, privi di una capacità di prelievo tale da poter mantenere un esercito e senza quell’aura religiosa che avevano il basileus o i califfi.
Queste debolezze si rivelarono tuttavia fertili: favorirono sistemi per governare attraverso il consenso e le alleanze, come quello feudale o quello comunale, e permisero di sviluppare strategie economiche innovative, come le curtes bipartite, i nuovi contratti commerciali, la finanza.
I materiali e i testi ereditati dall’antichità, che costituivano le basi del cristianesimo e del diritto imperiale, furono rielaborati e adattati. La Chiesa di Roma, il potere che meglio conosceva quei testi, legittimò i poteri più o meno piccoli ad affermarsi e ne fu, in cambio, legittimata, contribuendo a creare un nuovo sistema di valori, fondato sulla distinzione tra fedeli e infedeli costitutiva per gli sviluppi successivi. Questa distanza tra
poteri relativamente limitati e dottrine universali costituì una delle caratteristiche fondamentali di quel lungo millennio. Più che una improbabile unità di valori, assai difficile da cogliere sulla scala di dieci secoli, è questa struttura così particolare che invitandoci a guardare l’Europa dal di fuori, rende il Medioevo un periodo interessante da conoscere e studiare, un’epoca di grandi cambiamenti e grandi racconti, più simile a quella che stiamo vivendo di quanto tendiamo a pensare.
Giuliano Milani insegna Storia medievale presso l’Université Gustave Eiffel di Parigi. Dal 2002 al 2016 ha insegnato all’Università La Sapienza di Roma. Nel 2010 è stato Professeur invité di Storia medievale all’École Normale. Nel 2012 è stato Fulbright Distinguished Professor presso l’Università di Notre Dame. Dal 2015 al 2017 ha condotto un seminario presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Si occupa della storia dei comuni italiani tra Dodicesimo e Quattordicesimo secolo, di Dante Alighieri, e degli usi pratici della scrittura e delle immagini.
Calibano – L’opera e il mondo è la rivista del Teatro dell’Opera di Roma. Nata come spazio di approfondimento e di dibattito intorno a temi di attualità sollevati a partire dagli spettacoli in cartellone e realizzata in collaborazione con la casa editrice effequ, il progetto editoriale prevede, tre volte l’anno, la pubblicazione e la diffusione nelle librerie italiane di un volume monografico dedicato a un titolo d’opera e a un tema ad esso collegato, attraverso la commissione di saggi, racconti e recensioni di firme autorevoli. In questo ottavo numero, la rivista riflette sul Medioevo come costruzione culturale a partire da Lohengrin di Wagner.
Potete acquistare “Calibano” sul sito di effequ a questo link, in libreria e presso lo shop del Teatro dell’Opera di Roma.
Le illustrazioni interne di questo numero e la copertina sono di Iride Scent.













