Deborah Warner firma “The Turn of the Screw” di Benjamin Britten

«Britten è grande tanto come drammaturgo quanto come compositore». Così la grande regista Deborah Warner descrive il teatro musicale di Benjamin Britten, in occasione della nuova produzione di The Turn of the Screw (Il giro di vite), in scena all’Opera di Roma dal 19 al 28 settembre 2025. Terzo titolo britteniano per Warner al Costanzi, dopo i successi di Peter Grimes (nel 2023) e Billy Budd  (nel 2018), lavoro per il quale ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti internazionali come l’International Opera Award, l’Olivier Award e in Italia il Premio Abbiati della critica. The Turn of the Screw è un ritorno per Deborah Warner, che ha affrontato questo titolo per la prima volta nel 1997. Acclamata per le sue regie innovative, fra cui un apprezzato Re Lear con la parte del protagonista affidata a una donna – l’attrice Glenda Jackson – Deborah Warner ha collaborato con alcune fra le maggiori realtà teatrali nel mondo: la Royal Opera House di Londra, l’Opéra National di Parigi, il Teatro Real di Madrid, il Metropolitan Opera di New York.

Affascinata dal complesso lavoro che la librettista Myfanwy Piper ha esercitato sulla fonte letteraria di Henry James, la regista si è ispirata anche alle opere del pittore inglese James Pryde. Le scene sono curate da Justin Nardella, i costumi affidati a Luca Costigliolo, le luci firmate da Jean Kalman e Valerio Tiberi.

A dirigere l’opera di Britten,Ben Glassberg, al suo debutto sul podio del Teatro dell’Opera di Roma.  Protagonisti sul palco il pluripremiato tenore Ian Bostridge, riconosciuto interprete di Britten – in Italia lo si ricorda come protagonista di Morte a Venezia alla Scala di Milano nel 2016 con la regia di Deborah Warner – torna nel ruolo dello spettro Peter Quint, di cui aveva già vestito i panni nel 1997 e nel 2002.

Con lui un tris di interpreti femminili: nella parte dell’Istitutrice Anna Prohaska, soprano lirico austro-britannico che ha debuttato nel 2002 con la Komische Oper di Berlino proprio con The Turn of the Screw nella produzione di Harry Kupfer. Ospite fissa del Festival di Salisburgo, ha calcato palchi quali la Royal Opera House, il Teatro alla Scala e l’Opéra national de Paris. Emma Bell, premiata nel 1998 col prestigioso Kathleen Ferrier Award, veste i panni di Mrs Grose. Nella parte dell’inquieto spettro Miss Jessel troviamo invece Christine Rice, che rinnova la collaborazione con Warner dopo i successi di Phaedra, la cantata di Benjamin Britten di cui è stata protagonista nel 2022 a Bath e nel 2025 a Londra.

Piccolo capolavoro del gotico letterario di Henry James tradotto genialmente da Britten in un crescendo di tensione, The Turn of the Screw è costruito con un Prologo, due atti e sedici scene, su libretto di Myfanwy Piper. L’opera come già Peter Grimes e Billy Budd, torna sul rapporto  con la giovinezza, inconfessabile e fatale. Ad animare l’opera sono infatti dinamiche allusive e mai decisamente dichiarate. Un silenzio perturbante e ambiguo avvolge tanto la vita privata di Henry James quanto la biografia di Britten e dei suoi personaggi. Così in Turn of The Screw, letteralmente “giro di vite”, il racconto di due piccoli orfani in una grande tenuta di campagna, assediati dalla presenza di una coppia di spettri, diventa in fondo il pretesto per parlare sottotraccia di relazioni umane complesse, non ultima proprio quella fra giovani e adulti. Warner, col suo nuovo allestimento romano pone l’accento proprio sulla perdita di innocenza e non a caso il racconto è affrontato dalla prospettiva dei bambini.

 

“The Turn of the Screw /Dove abita la paura” è il titolo del nuovo numero di Calibano,  in libreria dal 24 settembre.

La rivista di approfondimento culturale del Teatro dell’Opera di Roma, pubblicata in collaborazione con effequ, dedica il numero sette appunto allo stringente “giro di vite” della paura, fra minacce spettrali e ossessioni umane. Vari i contributi di cinema, musica, architettura, moda e arte fra cui quelli di Claudio Strinati, Stefano Nazzi, Letizia Muratori e altri. Apre il numero il saggio di David Bering Porter della New School di New York, che riflette sul rapporto fra genere horror e cultura contemporanea. Per la prima volta, Calibano ospita anche un’intervista, con lo scrittore statunitense George Saunders.