Il 27 febbraio 2023 alle 19.00 la Scuola di Danza sarà protagonista della ‘Lezione dimostrativa’, la prima dall’arrivo di Eleonora Abbagnato che, oltre al Corpo di Ballo, dallo scorso settembre dirige anche la storica Scuola della Fondazione capitolina. Sarà una serata molto speciale durante la quale la Direttrice presenterà al pubblico gli Insegnanti, gli allievi dei vari livelli di formazione e le diverse discipline oggetto dello studio quotidiano nelle sale di una delle più antiche e prestigiose scuole di danza italiane.
«Sono onorata di poter presentare questo nuovo evento dopo il recente successo dello spettacolo Pinocchio. Quale Direttrice del Corpo di Ballo, ho colto con entusiasmo e grande responsabilità l’opportunità di dedicarmi alla formazione di future generazioni di danzatori trasferendo loro le competenze tecniche ed artistiche indispensabili per affrontare questa professione. I giovani che si avvicinano al mondo della danza avvertono, oggi più che mai, l’importanza di una formazione completa, aperta cioè ad ogni espressione del movimento. Per questo ritengo indispensabile che i nostri allievi, oltre al repertorio classico, si confrontino abitualmente con altre discipline, la tecnica contemporanea, le danze di carattere e che acquisiscano delle conoscenze culturali con la studio della musica e con la storia della danza».
La serata si aprirà con un grande defilé. Nella prima parte, dedicata alla dimostrazione tecnica, ogni Insegnante presenterà la propria classe e il lavoro che con essa svolge.
Il programma proseguirà e si concluderà con la presentazione di brani estratti dal repertorio classico, Raymonda e La Bayadère, con il contemporaneo e con le danze di carattere; ospite d’onore della serata il danzatore Simone Agrò, già allievo diplomato alla Scuola di Danza e attualmente solista del Corpo di Ballo dell’Opera di Roma.
Le musiche della serata sono eseguite dal vivo al pianoforte e su base registrata.
In occasione della messa in scena dell’opera I Pagliacci, in programma a marzo 2023 al Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro indice una selezione per mimi.
Tutti coloro che desiderino partecipare alla selezione hanno tempo fino alle ore 15 del 1 febbraio e possono scaricare qui tutte le informazioni.
La selezione si terrà, alla presenza del regista o di un suo incaricato, giovedì 2 febbraio 2023 dalle 15.30 presso il Teatro Nazionale.
Nasce Calibano, nuovissima rivista di approfondimento e dibattito del Teatro dell’Opera di Roma. Non un magazine promozionale delle attività della fondazione, ma uno strumento per costruire percorsi ed esplorare temi che tocchino gli spettacoli in programma. Una nuova iniziativa editoriale, realizzata in collaborazione con la casa editrice effequ, che ogni quattro mesi porterà nelle librerie italiane un volume monografico dedicato a un titolo d’opera e a un tema a esso collegato: un modo per attualizzare la fruizione di una forma artistica e mostrarne la profonda vivacità e contemporaneità. Agganciandosi alla nuova produzione dell’Aida di Verdi, in scena al Teatro Costanzi a fine gennaio, il primo numero affronta il tema del blackface (la pratica, oramai avversata, di interpreti bianchi con la faccia dipinta di nero) e dunque della questione razzista, che inevitabilmente porta con sé.
Allargandosi oltre i confini del teatro e della musica, Calibano parla delle tante forme di razzismo implicite o esplicite ancora presenti nel mondo, ma non solo. Si parte con la docente Neelam Srivastava, che indaga le radici colonialiste del blackface, per arrivare ad Andrea Peghinelli, che sottolinea i rischi del “cieco naturalismo” e di una concezione iperrealistica dell’interpretazione, per la quale un personaggio di colore deve necessariamente essere affidato a un Nero, passando per la riflessione sulla cancel culture della giornalista e scrittrice Costanza Rizzacasa d’Orsogna. Non mancano un’approfondita storia dei minstrel show, ripercorsa da Alessandro Portelli; due contributi, uno sui colori e uno sui suoni, rispettivamente di Marialaura Agnello e Paolo Pecere; il singolare caso del personaggio di Otello, che in origine non veniva truccato di nero per non turbare le coscienze con una storia d’amore tra un uomo proveniente dall’Africa subsahariana e una donna bianca, come ricostruisce Ilaria Narici. Ma ci sono anche la storia di Michael Jackson di Daniele Cassandro, giornalista musicale, e un articolo di Daniele Manusia, giornalista sportivo, che ci ricorda come anche lo sport sia tutt’altro che esente da razzismi, nonché un contributo dell’egittologo Enrico Ferraris, sulla costruzione dell’altro ai tempi di Aida. Calibano ospiterà anche recensioni di libri sul tema; e non mancherà lo spazio per la prosa e la poesia, con una breve antologia poetica curata da Stefano Bottero e un racconto di Giordano Tedoldi, e altro ancora. A impreziosire il lavoro, ogni numero avrà una copertina d’artista e un set di illustrazioni interne create da artisti che lavorano con le intelligenze artificiali text-to-image. Nel primo la cover è un collage di Marinella Senatore creato per l’Opera di Roma, mentre le immagini interne sono realizzate da Simone Ferrini con l’intelligenza artificiale.
“Calibano vuole osare” dice il sovrintendente dell’Opera di Roma Francesco Giambrone “guardare con coraggio e in maniera laica, critica, aperta e libera ai problemi dell’oggi, piuttosto che sfuggirli o lasciarli cadere nel neutro silenzio di scelte di comodo. Vogliamo che il pubblico si interroghi con noi. Perché il teatro è il luogo dove affiorano e si pongono domande, dove si ragiona insieme su risposte possibili e impossibili. Così anche la nostra rivista: pagine per riflettere insieme, guardarsi attorno, creare una comunità di pensiero a partire da ciò che accade sulla scena. Calibano è insomma un altro spazio di democrazia che emana da un luogo, il teatro, che per definizione, per origine e tradizione è arena di scambio e partecipazione democratici”.
“Un tema come quello del blackface può sembrare lontano dalla nostra cultura” dice il direttore di Calibano Paolo Cairoli “ma non lo è. Perché in un’epoca in cui possiamo interagire in ogni momento con persone che hanno storie e provenienze diversissime dalle nostre, è necessario interrogarsi sul nostro modo di relazionarci con gli altri. È un dovere per ognuno di noi mettere in discussione parole, gesti, atteggiamenti, attitudini che possano risultare offensivi o lesivi per la dignità altrui. Magari di quella del nostro vicino di posto a teatro. Perché una battaglia per l’uguaglianza non è mai per qualcuno in particolare, ma per l’umanità intera”.
“L’avventura di una rivista” dice Francesco Quatraro, co-direttore editoriale di effequ “è qualcosa di estremamente fecondo, per sperimentare stili, pratiche e idee diverse dal consueto corso editoriale dei libri. Inoltre, una rivista è ideologia, nel senso primigenio del termine: un discorso di idee e sulle idee, la possibilità di intrecciare punti di vista radicalmente distinti e farli consonare assieme. Senza contare che il contesto da cui partiamo, l’Opera, è per noi del tutto nuovo e dunque portatore di stimoli. Insomma, Calibano è una nuova occasione per effequ di essere trasversale, a suo modo storta, come le è sempre piaciuto essere, e soprattutto per imparare, che è il vero tesoro del mestiere editoriale”.
Calibano è realizzato dall’Opera di Roma e da effequ; si avvale inoltre della collaborazione con il master di giornalismo dell’Università LUISS di Roma. La redazione, diretta da Paolo Cairoli, è composta da Christian Raimo, Cosimo Manicone, Giuliano Danieli e dagli studenti della LUISS Alissa Balocco, Caterina di Terlizzi Benassati e Matteo Giusto Zanon.
Dopo il primo numero, disponibile a fine gennaio, Calibano tornerà in libreria a maggio con un volume dedicato a Madama Butterfly e alle discriminazioni di genere tra oriente e occidente. “E se vi siete chiesti perché Calibano” conclude Paolo Cairoli “non ce la caveremo dicendovi che Shakespeare è sempre un ottimo riferimento per chi si occupa di teatro. Innanzitutto Calibano vuole essere un omaggio ai coraggiosi esempi di riviste-laboratorio che ci hanno preceduto dandosi lo stesso nome. E poi nella Tempesta Calibano è il figlio di una strega, o di una donna presunta tale; è considerato un’anomalia, è escluso, marginalizzato, disumanizzato. Ecco: noi vogliamo partire rimettendo la sua voce al centro”.
Lunedì 23 gennaio alle ore 20.00 al Teatro dell’Opera di Roma, si terrà uno speciale evento in occasione del Giorno della Memoria 2023: sarà infatti proiettato in anteprima il documentario “Il respiro di Shlomo”, scritto dallo storico Marcello Pezzetti e diretto da Ruggero Gabbai, e sarà suonato il “violino di Auschwitz”, appartenuto al musicista Jan Hillebrand, il cui suono rivivrà nelle musiche recuperate e arrangiate dal M° Francesco Lotoro.
La serata, organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Fondazione Museo della Shoah e con il Teatro dell’Opera, si aprirà con i saluti istituzionali della Presidente UCEI Noemi Di Segni, del Presidente della Fondazione Mario Venezia e del Sovrintendente capitolino al Teatro dell’Opera Francesco Giambrone.
Si inizierà con l’esibizione musicale dei violinisti Vincenzo Bolognese e Koram Jablonko, che suoneranno il violino appartenuto al musicista polacco Jan Hillebrand, che suonava nella cosiddetta “orchestra di Auschwitz”. E’ uno dei rarissimi violini originali, che venivano suonati nel campo di sterminio simbolo della Shoah, ritrovato e fatto restaurare da Lotoro, tra i più grandi esperti al mondo di musica concentrazionaria, da oltre trent’anni impegnato nel recupero dell’immenso patrimonio musicale prodotto nei lager. Verranno eseguite due sonate, arrangiate dallo stesso Lotoro: il Kol Nidrè, uno dei canti più importanti della tradizione liturgica ebraica, e il Duettino di Marius Flothuis, compositore olandese che fu deportato nel lager di Sachsenausen.
A seguire, sarà proiettato in anteprima nazionale il documentario “Il respiro di Shlomo”, che racconta la vita e la storia di Shlomo Venezia. Diretto da Ruggero Gabbai e scritto da Marcello Pezzetti, con Forma International e CDEC – Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, il documentario è stato prodotto dalla Fondazione Museo della Shoah, in collaborazione con Rai Cinema, e realizzato grazie al supporto di Roma Capitale, Regione Lazio, Unione delle Comunità Ebraiche italiane, Comunità Ebraica di Roma, Associazione Figli della Shoah.
La voce narrante di Shlomo stesso, ripresa da una vecchia intervista, guida gli spettatori attraverso la sua storia ripercorrendo i luoghi della sua vita. Ebreo di nazionalità italiana nato a Salonicco, Venezia fu arrestato e deportato insieme a tutta la famiglia nel 1944 ad Auschwitz Birkenau, a Mathausen e infine ad Ebensee. Fu selezionato tra i prigionieri per entrare nell’unità speciale dei Sonderkommando, una squadra che aveva il compito di lavorare all’interno delle strutture dei crematori. Sopravvissuto ai campi di sterminio è diventato uno dei più importanti testimoni della Shoah.
Tanti i contributi nel documentario, dai racconti dell’autore Marcello Pezzetti, a quelli di alcuni esperti di Shoah e di persone molto vicine a Shlomo. Queste appresero la sua storia solo dopo anni, quando finalmente trovò il coraggio di parlare e descrivere con precisione l’orrore dello sterminio, senza tuttavia mai ricreare immagini troppo cruente, specie per il suo uditorio più affezionato: le scuole.
Per assistere alla serata è necessario prenotarsi all’email: promozione.pubblico@operaroma.it
In occasione della messa in scena delle opere Il tabarro e Il castello del Principe Barbablù, in programma ad aprile 2023 al Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro indice una selezione per mimi uomini.
Tutti coloro che desiderino partecipare alla selezione hanno tempo fino alle ore 13 del 26 gennaio e possono scaricare qui tutte le informazioni.
La selezione si terrà, alla presenza del regista o di un suo incaricato, venerdì 27 gennaio 2022 dalle 9.30 presso il Teatro Nazionale.
Con il nuovo anno prende il via la quarta edizione di “Fabbrica”, lo Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma. Sono 13 i giovani talenti che prenderanno parte al percorso lungo quasi un biennio: 7 cantanti, 2 maestri collaboratori, 1 regista, 1 scenografo, 1 costumista e 1 lighting designer scelti grazie a un selettivo bando internazionale.
Sono italiani i componenti del team creativo, Antonella Lo Bianco (regista), Chiara Mirabella (scenografa), Mario Celentano (costumista) e Giulia Bandera (lighting designer), le soprano Mariam Suleiman e Valentina Gargano e il tenore Nicola Straniero. Vengono dalla Georgia Ekaterine Buachidze (mezzosoprano) e Spartak Sharikadze (basso), dal Messico Itzeli Jáuregui (mezzosoprano) ed Eduardo Niave (tenore), mentre i maestri collaboratori Zenoviia-Anna Danchak e Pavel Tialo vengono rispettivamente dall’Ucraina e dalla Russia.
A partire da gennaio 2023 svolgeranno quotidianamente la propria attività artistica all’interno dell’istituzione capitolina, ognuno seguito dai responsabili di riferimento per ciascuna disciplina e accanto ai più grandi artisti della scena contemporanea impegnati nelle produzioni in cartellone. Così il programma persegue l’obiettivo di seguire i giovani talenti nella delicata fase della carriera che corrisponde all’inizio del lavoro in palcoscenico, e di portarli ad importanti debutti e nuove creazioni operistiche.
“Fabbrica” Young Artist Program è sostenuto dall’impegno in prima persona del Sovrintendente Francesco Giambrone. Da quest’anno si avvale della direzione di Lorenzo Amato.
Con la stagione 2022/2023 tornano all’Opera di Roma i concerti. Quattro appuntamenti che costellano il cartellone, talvolta integrandosi ai titoli d’opera in programma, talvolta completandoli. Protagonista della serata di apertura della Stagione Sinfonica è il Direttore musicale Michele Mariotti, che mercoledì 15 febbraio propone il Requiem di Giuseppe Verdi. Il capolavoro sinfonico-corale è programmato tra le recite di Aida, della quale è coevo, con un cast internazionale composto dal soprano Eleonora Buratto, dal mezzosoprano Yulia Matochkina, dal tenore Stefan Pop e dal basso Giorgi Manoshvili. Protagonista naturalmente anche il Coro della fondazione capitolina guidato da Ciro Visco.
La Messa da Requiem fu composta sull’onda dell’emozione per la morte di Alessandro Manzoni, poeta molto amato dal compositore, avvenuta il 22 maggio 1873 e fu eseguita dallo stesso Verdi per la prima volta nel 1874 per commemorare lo scrittore a un anno dalla scomparsa. Entrambi avevano condiviso l’impegno civile per l’unità di Italia avvenuta pochi anni prima, e condividevano i valori del Risorgimento di giustizia e libertà. La morte del poeta fornì dunque l’occasione al maestro di Busseto per celebrare quei valori e per realizzare un vecchio progetto dedicato alla composizione sacra.
Al Teatro Costanzi, dal 24 febbraio al 2 marzo 2023 è in scena La Bayadère, in una nuova versione coreografica di Benjamin Pech da Marius Petipa. Pech, dopo aver creato una fortunata edizione del Lago dei cigni per il Corpo di Ballo dell’Opera di Roma, si confronta con un’icona della tradizione classica, in un nuovo allestimento con scene e luci firmate rispettivamente da Ignasi Monreal e Vinicio Cheli. La musica di Ludwig Minkus è affidata alla bacchetta di Kevin Rhodes.
Uno straordinario cast di ospiti internazionali si affianca ai danzatori romani. Olga Smirnova, al debutto al Costanzi, si alterna con Maia Makhateli nel ruolo di Nikija, la baiadera innamorata e segretamente sposa del guerriero Solor, interpretato da Jacopo Tissi e Victor Caixeta. Così le date: Nikija Olga Smirnova 25, 28 (20:00) / Rebecca Bianchi 26, 2 (11:00) / Marianna Suriano 24, 28 (11:00) / Maia Makhateli 1, 2 (20:00); Solor Jacopo Tissi 25, 28 (20:00) / Alessio Rezza 26, 2 (11:00), Mattia Tortora 24, 28 (11:00) / Victor Caixeta 1, 2 (20:00); Gamzatti Susanna Salvi 25, 28 (20:00), 1, 2 (20:00) / Alessandra Amato 24, 28 (11:00) / Federica Maine 26, 2 (11.00), affiancati dall’Orchestra, gli étoiles, i primi ballerini, i solisti e il corpo di ballo del Teatro dell’opera di Roma, con la partecipazione degli Allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma diretti da Eleonora Abbagnato. Ignasi Monreal è alla sua seconda esperienza con il Lirico capitolino dopo il debutto al Circo Massimo nel 2021 con Il lago dei cigni di cui ha firmato immagini e animazioni digitali. Nato a Barcellona, Monreal è un artista multidisciplinare che si esprime attraverso diversi linguaggi e mezzi, quale la pittura, l’arte digitale, il design, i murales, la ceramica, l’animazione e il film. È maggiormente conosciuto per le sue collaborazioni con brand quali Gucci, Bulgari, Vogue, Four Seasons, Netflix, Airbnb e Adobe.
Ideato da Marius Petipa nel 1877 nello stile del Grand ballet per il Balletto Imperiale Russo di San Pietroburgo, La Bayadère è basato sul poema indiano Sakuntala (dal dramma del poeta indiano Kalidasa): un colorito melodramma con numerosi intrighi d’amore, gelosia e tradimento, protagonista la bella bayadère Nikija, amante segreta del principe guerriero Solor che, tradendola, sposerà la crudele e gelosa Gamzatti, la figlia del Raja. Una trama che si consuma per il piacere degli occhi con tocchi elegantemente esotici e sempre sofisticati. Ludwig Minkus, allora compositore ufficiale presso i Teatri Imperiali, ne firmò la musica seguendo la linea coloristica e descrittiva che gli era propria e che risultava in perfetta sintonia con l’azione danzante creata dal coreografo.
In occasione della Bayadère si terrà il secondo appuntamento per gli Incontri con la danza: venerdì 24 febbraio alle ore 16 Marinella Guatterini affronterà, secondo la propria personale prospettiva, un’analisi del balletto. In programma anche l’Anteprima giovani prevista sempre per venerdì 24 febbraio alle ore 19, dedicata al pubblico under26.
“L’immensa partitura di Aida si lascia leggere naturalmente come un dramma intimo prima ancora che glorioso e patriottico”. Con quest’idea il Direttore musicale dell’Opera di Roma Michele Mariotti si accosta alla nuova produzione del capolavoro di Giuseppe Verdi, in scena al Teatro Costanzi da martedì 31 gennaio a domenica 12 febbraio, con la regia di Davide Livermore. L’anteprima giovani è in programma domenica 29 gennaio alle ore 16.30. La prima è trasmessa in diretta da Radio3 Rai. “Affronto Aida per la prima volta con il pubblico e in teatro – prosegue Mariotti – dopo averla diretta in forma di concerto all’aperto, in piazza del Plebiscito a Napoli nell’estate 2020, e pochi mesi dopo in forma scenica all’Opéra di Parigi ma a porte chiuse, con trasmissione in streaming. Entrambe le esecuzioni si svolsero in momenti molto duri della pandemia. Voglio partire dai sentimenti nascosti dei personaggi che emergono dalla musica, oltre che dal libretto, per esaltarne le innumerevoli sfumature”.
Per questo nuovo spettacolo Livermore è affiancato dai suoi abituali collaboratori Giò Forma per le scene, Gianluca Falaschi per i costumi, Antonio Castro per le luci e D-Wok per i video. Il Coro dell’Opera di Roma è diretto da Ciro Visco. Aida è interpretata dal soprano bulgaro Krassimira Stoyanova, che l’ha cantata nei più grandi teatri del mondo, dalla Scala al Teatro Real di Madrid, passando per la Chicago Symphony Orchestra dove sul podio c’era il Maestro Riccardo Muti. Con lei si alterna Vittoria Yeo (2, 5 e 11 febbraio). Nella parte di Radamès è impegnato Gregory Kunde, che si alterna con Luciano Ganci (2, 5, 7 e 11 febbraio). Amneris è il mezzosoprano Ekaterina Semenchuk, anche lei grande verdiana, che ha incarnato la principessa egizia dal Festival di Salisburgo all’Arena di Verona; si alterna con Irene Savignano, diplomata di “Fabbrica”, lo Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma (recite del 2, 5, 7 e 11 febbraio). Amonasro è il baritono Vladimir Stoyanov, mentre il basso Riccardo Zanellato è Ramfis. Nella parte della sacerdotessa è impegnata Veronica Marini, in quella del Re Giorgi Manoshvili, mentre Carlo Bosi interpreta il Messaggero.
Tra le opere in assoluto più amate di Giuseppe Verdi, Aida fu commissionata da Ismail Pascià, Viceré d’Egitto, per festeggiare l’apertura del Canale di Suez nel 1870. Composta su libretto di Antonio Ghislanzoni, che sviluppa una trama abbozzata in francese da Camille du Locle su indicazione dell’archeologo Auguste Mariette, primo direttore del Museo Egizio del Cairo, l’opera fu rappresentata per la prima volta il 24 dicembre 1871 nella capitale d’Egitto. Sei settimane dopo, l’8 febbraio 1872, ebbe la sua prima esecuzione in Italia, alla Scala di Milano. La prima esecuzione al Teatro Costanzi di Roma risale all’8 ottobre 1881.
Dopo la “prima” di martedì 31 gennaio (ore 20), Aida sarà replicata giovedì 2 febbraio (ore 20), venerdì 3 (ore 20), domenica 5 (ore 16.30), martedì 7 (ore 20), giovedì 9 (ore 20), sabato 11 (ore 18) e domenica 12 (ore 16.30).
La ‘prima’ sarà preceduta dalla Lezione di Opera tenuta da Giovanni Bietti, sabato 28 gennaio (ore 16.00) e dall’Anteprima Giovani, domenica 29 gennaio (ore 16.30).
Sono due autentiche star del belcanto come Aleksandra Kurzak e John Osborn i protagonisti dell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, che il Teatro dell’Opera di Roma mette in scena al rientro dalle vacanze natalizie, a partire da mercoledì 11 gennaio. Sul podio è impegnato Francesco Lanzillotta, al debutto nel teatro della sua città. Lo spettacolo, firmato da Ruggero Cappuccio, è stato proposto per la prima volta al Costanzi con grande successo di pubblico nel 2011, e poi ripreso nel 2014.
“L’elisir d’amore èuna delle opere più rappresentate e conosciute. –dice Francesco Lanzillotta – Ma quanto sappiamo realmente del significato del nome Nemorino? Da quale radice deriva quello di Adina? Che importanza rivestono all’interno della storia gli elementi come aria e acqua cantati nel primo duetto fra i due futuri amanti? I melismi scritti sui settenari di ‘Prendi, per me sei libero’cosa ci vogliono rappresentare? Tanti interrogativi che potrebbero svelarci ulteriori meraviglie di una meravigliosa opera”.
“L’elisir d’amore di Donizetti racconta in musica come gli esseri umani non amino mai ciò che hanno, ma amino ciò che a loro manca” dice il regista e scrittore napoletano. “D’altronde tutta la storia della lirica– prosegue Cappuccio – può essere ricondotta ad una triade: un lui, una lei ed un impedimento”. Nell’opera donizettiana è Adina la “regista” sentimentale: respinge il corteggiatore Nemorino costringendolo a ricorrere a un filtro magico che, benché fasullo, si rivelerà “fatalmente” efficace.
L’allestimento del Teatro dell’Opera di Roma vede le scene firmate da Nicola Rubertelli, i costumi da Carlo Poggioli e le luci da Vinicio Cheli.
Adina è interpretata dal soprano polacco Aleksandra Kurzak, per la prima volta all’Opera di Roma. Figlia e allieva del soprano Jolanta Zmurko, accanto alla quale ha debuttato sulle scene, ha iniziato la sua carriera come soprano di coloratura, interpretando parti come quella della Regina della notte nel Flauto magico o di Olympia ne I racconti di Hoffmann. Ha poi allargato il suo repertorio con ruoli da soprano lirico come quello di Mimì ne La bohéme o Desdemona nell’Otello di Verdi, spingendosi fino a toccare il verismo con Santuzza in Cavalleria rusticana. Torna ora al belcanto con uno dei titoli più amati di Donizetti. Accanto a lei nei panni dell’innamorato Nemorino il tenore americano John Osborn, amatissimo dal pubblico italiano e romano. Anche lui apprezzato belcantista, ha interpretato tutti i principali ruoli delle opere di Rossini, Bellini e Donizetti, aggiungendo poi il repertorio francese e quello mozartiano. All’Opera di Roma è stato protagonista di Benvenuto Cellini nel 2016, Fra Diavolo nel 2017, Les vêpres siciliennes, spettacolo inaugurale della stagione 2019-20, e I Puritani nel 2022.
È invece nato a Roma Francesco Lanzillotta, che negli ultimi anni, oltre che nelle più prestigiose istituzioni musicali italiane, ha diretto in importanti teatri europei come Staatsoper di Vienna, Semperoper di Dresda, Deutsche Oper di Berlino e La Monnaie di Bruxelles. Dirige per la prima volta nel teatro della sua città e lo fa con un titolo che già ha proposto con successo al Macerata Operata Festival nel 2018, dove protagonista nei panni di Nemorino debuttava John Osborn, oltre che a Essen e Parigi al Théâtre des Champs-Elysées.
Aleksandra Kurzak si alterna con Ruth Iniesta (12 e 14 gennaio), John Osborn con Juan Francisco Gatell (12 e 14 gennaio). La parte del sergente Belcore è affidata ad Alessio Arduini e Vittorio Prato (12 e 14 gennaio), mentre l’imbonitore Dulcamara, che elargisce il “miracoloso” elisir d’amore, è incarnato da Simone Del Savio e Davide Giangregorio (12 e 14 gennaio). Giulia Mazzola sarà invece Giannetta. Il Coro della fondazione capitolina è istruito da Ciro Visco.
Rappresentato per la prima volta a Milano, al Teatro della Cannobiana, il 12 maggio 1832, l’Elisir d’amore è un gioiello del melodramma romantico, scritto da Donizetti in soli quattordici giorni su libretto di Felice Romani. Al Teatro Costanzi è stato rappresentato ben 51 anni dopo la prima assoluta, il 29 novembre 1883. Protagonisti furono Bianca Donadio (Adina) e Vittorio Clodio (Nemorino), Angelo Tepponi (Belcore) e Alessandro Bottero (Dulcamara). Tra i diversi interpreti che negli anni si sono succeduti sul palcoscenico romano si ricordano, nella parte di Adina, Margherita Carosio (1937, 1941, 1943), Rosanna Carteri (1957, 1958), Renata Scotto (1963), Daniela Mazzuccato (1979), Luciana Serra (1985), Elizabeth Norberg Schulz (2002). In quella di Nemorino: Tito Schipa (1928, 1930, 1937, 1945, 1948), Beniamino Gigli (1941), Ferruccio Tagliavini (1943, 1953, 1957, 1958, 1963). Belcore: Tito Gobbi (1943, 1953), Sesto Bruscantini (1957), Simone Alaimo (1985). Dulcamara: Giuseppe Taddei (1957).
Dopo la prima di mercoledì 11 gennaio ore 20 in diretta su Radio3 Rai, L’elisir d’amore è replicata giovedì 12 (ore 20), venerdì 13 (ore 20), sabato 14 (ore 18), domenica 15 (ore 16.30).